“Non mi piace l’albero”, rispose Ewan.
“Gli alberi nel bosco, intendi?”
“No, l’albero grande”
“Ma nel campo non ci sono alberi”, disse Richard. “Non più”
“Qualche volta c’è. Qualche altra no”
Tre aggettivi: cupo, disturbante, intimo
La trama in breve: È inverno a Starve Acre, e Richard e Juliette sono alle prese con il dolore per la morte improvvisa del loro figlio Ewan.
Ewan, che nei mesi prima di morire era diventato strano, distante e violento. Distrutta dal dolore, Juliette insiste nel dire che sente ancora la presenza di Ewan nella casa. Richard, per conto suo, preferisce passare le sue giornate nel campo, scavando febbrilmente alla ricerca di qualcosa di sepolto.
Cosa giace sotto al terreno gelato? Quali segreti arcani nasconde il suolo di Starve Acre?
La recensione: Un perfetto piccolo esempio di storia gotica. L’attenzione è tutta su Richard, Juliette e Ewan: sono personaggi credibili, piacevoli, che vengono lentamente distorti e corrotti in modi imprevedibili e strani.
L’ambientazione vira sul folk horror, cosa che è sempre ben gradita: una casa isolata in campagna, un villaggio rurale, spaventose leggende popolari, e gli accenni a forze ancestrali e ingovernabili nella terra di Starve Acre.
L’autore usa la regola del “2+2”: non dà tutte le risposte, ma fornisce abbastanza indizi perché il lettore possa mettere insieme i pezzi autonomamente. Diventiamo così partecipi della storia, siamo chiamati a prestare attenzione, a collegare fra di loro i brandelli di informazione, fino a trovarci davanti l’orribile verità.
“La Voce della Quercia” è il libro perfetto per l’autunno e l’inverno, scritto con una prosa semplice ed ipnotica, conquista il lettore dalla prima all’ultima pagina.
Da evitare se: Se volete stare alla larga da storie spaventose, o tristi.
Foto di Elena Bertocci
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