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La Crisi del Personaggio

A un certo punto mi sono resa conto che, nelle mie recensioni dei romanzi, scrivo spesso che i personaggi sono “interessanti” o “piacevoli”. In sé, non ci sarebbe niente di male, però poi ho iniziato a chiedermi: possibile che non abbia mai altro da dire, sui personaggi delle storie che leggo?

E la risposta è…effettivamente, no. In tutto l’anno ho letto forse un paio di libri che avessero dei personaggi veramente, veramente ben fatti. Cos’è questo disastro, questa crisi del personaggio, questa epidemia del personaggio piacevole?

Non parlo dei romanzi in cui i personaggi sono davvero fatti male, incoerenti, inconsistenti o insulsi: parlo di romanzi dove i personaggi sono scritti in modo competente, ma senza quel tocco in più. Parlo di Maud, in “I Demoni di Wankenhyrst”, di Mike in “L’ora delle streghe”, di Essun in “La quinta stagione”: sì, bene, sono sicuramente ben costruiti e sfaccettati, ma non mi suscitano nessun sentimento, e non ho altro da dire su di loro a parte questo.

Quali sono, allora, le caratteristiche dei personaggi che io personalmente (e probabilmente anche qualche altro lettore con me) cerco in un romanzo?

Gli esempi che seguiranno vengono da “The Expanse” di James S. A. Corey, “Sandman” scritto da Neil Gaiman e “Gli Inganni di Locke Lamora” di Scott Lynch...perché loro hanno capito cosa dovevano fare.

(Spoiler minimi per queste tre storie)


1)La voce del personaggio

In un post precedente abbiamo già parlato dell’importanza che ha il dialogo. Ogni personaggio deve avere una voce sua, immediatamente distinguibile: forma frasi brevi o lunghe? È più forbito, o alla mano? Ama usare metafore, espressioni figurate? Di che tipo? Quali sono i suoi argomenti preferiti? Gesticola mentre parla? Usa un tono di voce molto espressivo? Cosa sceglie di dire, e quando? Cosa sceglie di non dire?

Queste sono tutte domande importanti da farsi, per rendere vitale e memorabile ogni personaggio. La saga di “The Expanse”, come abbiamo già analizzato, è maestra assoluta in questo.

Anche “Sandman”, però, gestisce i suoi dialoghi con altrettanta bravura.

Sogno parla sempre in modo molto imponente e preciso: lui è il maestro di tutte le storie, padrone di tutte le parole scritte, pensate e sognate…non accade mai che dica qualcosa fuori luogo, e non abbandona mai la sua solennità.

Così, per esempio, reagisce di fronte al re di Baghdad, quando viene convocato:


“A modo mio, io ho tutte le fedi, Harun al-Rashid, e non desidero bere vino con te. Ora forse vorrai dirmi perché non devo andare via portandomi dietro la tua sfera piena di seccature? E portandomi dietro, inoltre, il ricordo di essere stato chiamato così come si può chiamare un servitore. Io non sono un servitore, o re. E non amo essere chiamato”


Allora il re Harun al-Rashid cita la storia di un uomo che fece uscire un genio da una bottiglia. Ma Sogno non si lascia certo cogliere impreparato: “Nella storia, convinse il genio a rientrare nella bottiglia. Ma il genio era sciocco, vanaglorioso e si sentiva solo. Io non sono nessuna di queste cose. Tu mi hai chiamato, Harun. Non è prudente invocare chi non puoi mandar via”


C’è una gravità nelle parole di Sogno che è inconfondibile.

Morte, invece, parla con frasi brevi, spesso esclamative. È un personaggio allegro e vitale. Ma è anche profondamente saggia, per cui le sue frasi dirette e semplici sono spesso dritte al punto e cariche di significato. Ad esempio…

Giunta la sua fine, un uomo (non proprio umano) le chiede: “Ma mi è andata bene, no? Voglio dire, quanti anni ho…quindicimila? Non è mica male, no? Ho vissuto parecchio”

Lei gli sorride: “Hai vissuto quello che tutti hanno a disposizione: una vita intera. Né più, né meno”


E quando Morte va a prendere Joshua Norton, il meraviglioso Norton I Imperatore degli Stati Uniti d’America, è deliziata di vederlo:


“Ho conosciuto tanti re e imperatori e capi di stato, Joshua. Li ho conosciuti tutti. E sai una cosa? Il più simpatico sei tu”

“Oh bhè…grazie, signorina” “Che cappello fantastico. Posso provarlo?” “Non vedo perché no. Confesso che mi sono sempre chiesto che cosa ci fosse oltre la vita, mia cara” Lei sorride, con in testa la tuba di Joshua Norton, e si allontana a braccetto con lui. “Se lo chiedono tutti. E prima o poi lo scoprono”


A questo proposito c’è da aggiungere un altro aspetto molto importante, nei dialoghi che i personaggi hanno tra loro: il modo in cui affrontano i conflitti. Ognuno di noi ha una modalità in cui ricade, ogni volta che c’è un conflitto in atto, e così deve essere anche per i personaggi. Morte è sicura di sé, conosce perfettamente sé stessa e tutti gli altri, e non ha nessun problema a dire direttamente quello che pensa. È lei, spesso, che tiene in riga i suoi fratelli e sorelle. Così sgrida Sogno, quando scopre che lui ha fatto arrabbiare Delirio:


“Sai com’è lei, non è tanto stabile. È solo una ragazzina. Vai a parlare con lei”

“…perché io?” chiede Sogno, che è troppo superbo per gestire bene le emozioni degli altri.

Con semplicità e precisione, Morte può solo dire: “L’hai fatta arrabbiare tu. Risolvilo tu”


Delirio, invece, sfugge ai conflitti, svicola dalle conversazioni, e sembra che non abbia nemmeno capito l’argomento…finché non dimostra improvvisamente una lucidità talmente estrema e profonda da fare paura.

Così reagisce alle innumerevoli allusioni e frecciatine di Desiderio:


“Non ridere di me, Desiderio. Non mi prendere in giro. Lo so che cosa pensi di me, ma io so cose che non sa nessuno di voi. So tante cose di noi, cose che non sa neppure Destino…e tu?”


Bisogna usare il dialogo al massimo delle sue potenzialità, perché è uno strumento meraviglioso.

Se un libro fallisce nel dare ai suoi personaggi una voce chiara e distinta, allora è probabile che non avranno mai l’amore dei lettori.


2)Pregi, difetti, sogni e paure

Tendo a preferire i personaggi che, come le persone reali, sono piuttosto stratificati. Non importa, però, creare per forza un personaggio talmente complesso da risultare incomprensibile. Alla base per me ci sono quattro elementi fondamentali: pregi, difetti, sogni e paure, che siano forti e reali.

Prendiamo il protagonista della serie “I Bastardi Galantuomini”: il fantastico Locke Lamora, che ha tutto il mio affetto. Come mai rimane così impresso nel cuore dei lettori? Bhè, vediamo. Quali sono i suoi pregi? Facile: un’intelligenza acuta, una propensione per la teatralità, una lealtà incrollabile verso gli amici. Altrettanto semplice è individuare i suoi difetti: la malizia, il gusto esagerato del pericolo, il disprezzo per le regole, e una pericolosa tendenza all’autosabotaggio.

Il suo sogno è racchiuso nel motto dell’ordine di cui fa parte:


Prosperino i ladri, pensò Locke. I ricchi ricordino.

Aveva preso la sua decisione, e strinse la ringhiera per non tremare.


Locke vuole essere la spina nel fianco dei privilegiati e degli sfruttatori. È questo che lo guida, quando deve fare una scelta importante: prosperino i ladri, i ricchi ricordino. Ricordino cosa? “Che non sono invincibili. Che le serrature si possono scassinare e i tesori si possono rubare”

La sua paura è quella di perdere l’unica famiglia che abbia mai avuto, i Bastardi Galantuomini. È l’unica cosa per cui si prende mai la briga di angosciarsi davvero, la cosa che ha più a cuore al mondo:


Sollevò il bicchiere più alto che poteva verso la luce del lampadario. “A noi, più ricchi e più in gamba di tutti gli altri!”

Più ricchi e più in gamba di tutti gli altri!” gli fece eco il coro.

“Brindiamo agli amici assenti che ci hanno aiutati ad arrivare dove siamo ora. Ci mancano molto”. Locke si accostò il bicchierino alle labbra e prese un piccolissimo sorso, poi tornò a posarlo.

“E li amiamo ancora” aggiunse piano.


C’è romanticismo ed emozione, nel personaggio di Locke. È una forza della natura che trascina con sé la trama e tutti gli altri personaggi. Forse, altri libri dovrebbero prendere esempio da un protagonista così.


3)Cambiamento organico con la trama

I personaggi non esistono nel vuoto, sono parti di una storia. Come tali, non possono rimanere immutati di fronte agli eventi a cui partecipano.

Ci sono due trappole in cui può cadere uno scrittore: non modificare per niente il carattere dei personaggi, oppure produrre un cambiamento troppo radicale e irrealistico.

In fondo, com’è che cambiano le persone, nella vita vera? È difficile che un evento ci modifichi completamente il carattere, da un giorno all’altro.

“The Expanse” questo lo sa. Prendiamo Bobbie Draper: viene introdotta nel secondo libro come soldato marziano, e come prima cosa, assiste alla morte di tutto il suo plotone. Questo evento la segna per tutto il resto della serie, ma comunque non domina completamente il suo carattere: sì, si porterà dietro per sempre un senso di impotenza e un’aggressività impossibile da sfogare, nata dal senso di colpa per non aver potuto aiutare i suoi compagni. Cercherà per sempre, per tutta la vita, un modo per pareggiare i conti.

Eppure, lei non è solo questo: è anche una buona amica, una stratega intelligente, è coraggiosa, irascibile, intuitiva e autoritaria…tutte cose che non derivano dal suo trauma:


La prospettiva di occupare la poltrona di comando le procurava la stessa sensazione di minaccia e impazienza di quando indossava l’armatura potenziata, molto tempo prima. Come se la vecchia tuta fosse cambiata con il passare del tempo, almeno quanto lei, e diventata una nave. Una usurata, certo. Datata, ma pericolosa. Segnata, ma solida. Non solo una metafora di Bobbie stessa, ma di ciò che voleva diventare.


Noi siamo frutto di quello che ci accade, ma non solo. Noi siamo tante cose, e tutte sono importanti.

Anche Sogno, in Sandman, fa i suoi cambiamenti. Si ammorbidisce su alcune cose, smussa gli angoli, come conseguenza di ciò che ha vissuto…ma ci sono aspetti di lui che non cambiano, come la sua cupezza, la sua fierezza e la sua profondità.

È un delicato equilibrio fra identità e cambiamento, e se gestito bene, eleva i personaggi a un livello superiore.


4)Relazioni buone

Un personaggio che è completamente solo non mi conquisterà mai. Il modo in cui interagisce con gli altri determina gran parte dell’interesse da parte dei lettori.

Perché, in fondo, fra tutti i personaggi di “Sandman” sono tanto affezionata a Hob Gadling? Perché con la sua incrollabile voglia di vivere è riuscito a fare breccia in Sogno, e hanno creato un’amicizia improbabile ma bellissima.

Perché provo tanto calore a pensare alla ciurma della Rocinante di “The Expanse”, o ai Bastardi Galantuomini? Perché c’è qualcosa di rassicurante e dolce nel vedere persone sole e ferite che lentamente imparano a volersi bene e a fidarsi gli uni degli altri, creando un gruppo con dinamiche uniche e sfaccettate:


“Io ho un’idea” Alex si alzò. “Torno nella mia cabina e prendo lo scotch che avevo messo da parte per un’occasione speciale. Facciamo un brindisi a Holden e Nagata. I migliori ufficiali in comando che una nave potrebbe desiderare”

L’espressione di Holden cambiò e gli occhi gli si velarono di lacrime, ma aveva un sorrisetto sulle labbra. “Non direi di no”. Si alzò in piedi.

Alex si avvicinò per abbracciarlo e poi Naomi li circondò entrambi con le sue lunghe braccia. Bobbie guardò Amos e indicò con il pollice i tre annodati insieme. Dovremmo farlo anche noi? Amos si alzò, si avvicinò pesantemente al gruppo e Bobbie lo seguì. A lungo l’equipaggio della Rocinante rimase stretto in un abbraccio. Dopo pochi secondi, Bobbie sentì persino Clarissa appoggiata al suo fianco, che si univa agli altri morbida e fugace come una falena.


Non è necessario che tutte le relazioni siano positive, ovviamente: anche un rapporto dannoso può essere parte vitale di una storia…perché nelle storie, come nella vita, non esistono solo le cose belle. Cosa sarebbe “Sandman”, se non ci fosse fra Sogno e Desiderio quel complesso intreccio di rancore, rivalità e fastidio? “The Expanse” non avrebbe nemmeno una trama, se nel primo libro Holden e Miller non si fossero avvicinati e respinti come calamite, causando di fatto tutti gli eventi dei libri successivi.

Non tutto deve essere bello, ma tutto deve essere vero, e profondo, e trattato con intelligenza e delicatezza.


La scintilla nasce da tutto questo: personaggi con una forte voce propria, con pregi, difetti, sogni e paure, che cambiano insieme alla trama e formano relazioni intense e profonde.

Non è una ricetta semplice da ritrovare in molte storie…ma vale la pena di rifletterci sopra. Le storie cambiano la realtà in meglio, e i personaggi ne sono la linfa vitale.

Forse, allora, non dovremmo più accontentarci di personaggi “piacevoli e interessanti”.


Immagine tratta da "Sandman - Preludi e Notturni", albo "Il Rumore delle sue Ali", Illustratore: Mike Dringenberg

Inchiostratore: Malcolm Jones III

Colorista: Robbie Busch

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