Tre aggettivi: intimo, inquietante, riflessivo
La trama in breve: Quando una bambina inizia a soffrire di strani malesseri, la vita delle persone che la circondano viene completamente sconvolta. Allo stesso tempo, un giovane prete deve fare i conti con le angosce che lo perseguitano.
La recensione: La fama del film è innegabile, e meritata, ma anche il libro da cui è tratto è tratto è pieno di meriti.
È un romanzo strano, molto personale, che funziona così bene perché tratta temi umani fondamentali che riguardano chiunque viva un momento di crisi. Leggendo, infatti, a far paura non è la possessione, è l’estraniamento che proviamo quando stiamo male e nessuno sa aiutarci. Quando vorremmo una soluzione, un percorso chiaro da seguire, e nessuno ce lo sa dare.
A far paura è il vuoto interiore di quando cadono le certezze a cui ci siamo affidati tutta la vita. A far paura sono la disperazione e la solitudine. Sono cose in cui è facile immedesimarsi. Ma il libro non è solo un insieme di tristezza e angoscia: la sua forza è quella di raccontare una situazione disperata, indicando una via d’uscita, dando una speranza in tempi bui. La fiducia, la vicinanza e l’affetto possono trasformare qualsiasi evento orribile.
Per questo la trovo una storia molto toccante, e la consiglio a tutti, anche a chi non ha mai letto horror: a volte c’è bisogno di un libro che ci insegni a trovare un po’ di calore e di speranza anche nei momenti peggiori.
I personaggi sono realistici e interessanti, specialmente Padre Karras: molto umano, complesso, pieno di sfaccettature, preg e debolezze, che rendono facile empatizzare con lui.
La prosa è elegante ed evocativa. All’inizio si perde in metafore un po’ troppo elaborate, ma solo nelle prime pagine.
Da evitare se: Se vi spaventate davvero molto facilmente, o se avete voglia di una storia allegra.
Foto di Elena Bertocci
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