Dobbiamo osare sanguinare e versare sangue.
Tre aggettivi: suggestivo, intrigante, ma un po’ superficiale
La trama in breve: Nel 1959 due poliziotti entrarono nel villaggio di Silvertjärn, nei boschi svedesi, e trovarono una situazione inspiegabile: ognuno dei 900 abitanti era sparito senza lasciare traccia, tranne per il cadavere di una donna lapidata in piazza, e una neonata abbandonata nella scuola.
Questo mistero, mai svelato, ossessiona oggi la regista Alice, che decide di passare cinque giorni nel villaggio con la sua troupe per girare un documentario. Inutile dire che è una decisione di cui si pentirà amaramente.
La recensione: L’idea di base è buona, e lo svolgimento è accettabile. È un thriller perfettamente nella media. I recensori che scrivono “uno scenario ineguagliabile, impossibile smettere di leggere” oppure “questo avvincente thriller psicologico piacerà sicuramente ai fan di Shirley Jackson” forse non hanno mai letto nient’altro in vita loro.
Non voglio dire che sia un brutto libro, anzi, è molto piacevole: il mistero, l’isolamento della troupe in mezzo ai boschi, le tensioni interpersonali, i segreti del passato, sono tutti elementi interessanti. In particolare ho apprezzato come è stato gestito il tema della salute mentale, considerando l’impatto che può avere su una persona e su coloro che ha accanto.
Tuttavia, alla fine si tratta di una storia piuttosto semplice, che non riesce mai davvero a colpire il lettore. Avrebbe avuto bisogno di una prosa un po’ più forte: Camilla Sten scrive in modo un po’ infantile, molto terra terra, senza sottintesi né sfumature né finezze. È possibile anche che la prima persona singolare non fosse la scelta migliore per questa narrazione, a volte avrei voluto uccidere Alice.
È comunque molto adatto come libro da leggere senza impegno, per qualche facile brivido estivo.
Da evitare se: Se volete una storia profonda e sconvolgente.
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