C’è una cosa che ha il magico potere di rovinarmi completamente l’esperienza di un libro: la sensazione di avere l’autore seduto accanto a me che mi urla nell’orecchio le cose che dovrebbero rimanere nascoste.
Forse qualcuno ha già capito di cosa parlo, rifacendosi ai propri ricordi di letture abbandonate per il fastidio di un narratore troppo invadente, o di una prosa troppo esplicita.
Ma che cosa significa questo nello specifico?
Bene, un buon romanzo attiva la mente del lettore, comunicando informazioni interessanti (passaggi di trama, sentimenti, emozioni). Alla mente però non piace ricevere troppe informazioni. La cosa più divertente, per il lettore, è ricevere solo ciò di cui ha bisogno per trarre le proprie conclusioni.
Consideriamo questi due esempi:
Indossava un completo di buon taglio in lana color antracite e una camicia candida che creava un piacevole contrasto con la tonalità olivastra della sua pelle.
Senza alzare gli occhi dal suo dispositivo, ha detto: “Mi servono alcuni dati”.
Si comporta spesso così: è talmente assorto in quello che sta facendo da dimenticarsi di dire “Salve” o “Arrivederci”, oppure di chiedermi come sto. Io non ci bado. Ammiro la sua dedizione al lavoro scientifico.
Era così che aveva deciso di vivere la sua vita: andare e venire a suo piacimento. Le persone che subivano i suoi colpi di testa, anche se irritate dalla sua personalità imprevedibile, alla fine lo perdonavano. In modo sovrannaturale o no, sapeva come convincere tutti ad accettare le sue decisioni su ogni questione. Una volta espresso il suo pensiero, riusciva in ogni caso a far agire la gente secondo il suo volere.
Entrambi gli estratti servono a introdurre un nuovo personaggio, comunicando qualcosa del suo carattere.
Ora, uno di questi estratti è scritto bene. L’altro è, come dicevamo all’inizio, l’autore che ci urla informazioni nell’orecchio.
Il primo è tratto da “Piranesi” di Susanna Clarke. Qui il protagonista, Piranesi, incontra un altro personaggio e ci riporta il loro dialogo. L’autrice usa una serie di indizi per comunicare al lettore che tipo di persona abbiamo davanti, e che relazione ha con il protagonista. Innanzitutto, alcuni dettagli fisici da cui si capisce che l’uomo in questione è curato ed elegante, e che Piranesi lo ammira:
Indossava un completo di buon taglio in lana color antracite e una camicia candida che creava un piacevole contrasto con la tonalità olivastra della sua pelle
Tutti gli aggettivi hanno una connotazione positiva (“un completo di buon taglio”, “una camicia candida”, “un piacevole contrasto”), indicando che il protagonista approva la persona che ha di fronte.
A seguire, abbiamo la nostra prima battuta di dialogo, introdotta da una mancanza di azione: “Senza alzare gli occhi dal suo dispositivo”. Il personaggio non dà importanza all’arrivo del protagonista, non si degna neppure di guardarlo. La prima cosa che gli chiede è “Mi servono alcuni dati”. Non “come stai”, non una qualsiasi altra frase di cortesia e rispetto, ma solo una richiesta pratica, fredda e impersonale. Il protagonista si rende conto che questo comportamento è scortese, ma il suo istinto è quello di scusare l’altro personaggio:
Si comporta spesso così: è talmente assorto in quello che sta facendo da dimenticarsi di dire “Salve” o “Arrivederci”, oppure di chiedermi come sto. Io non ci bado.
La giustificazione però appare subito debole, al lettore.
Da queste pochissime righe diventa evidente allora qual è il quadro generale del rapporto fra i due: una relazione impari, in cui Piranesi ammira e loda l’altro personaggio, ma non viene ricambiato.
E tutto questo solo tramite una riga di dialogo, un’azione, e la descrizione di un vestito.
Invece nel secondo estratto, Olivie Blake non ha lo stesso successo. Il testo è tratto da “The Atlas Six”, un romanzo che ha molti difetti, uno dei quali è l’assoluta mancanza di sottotesto di qualsiasi tipo. In effetti l’estratto in questione è composto da quattro frasi che esprimono lo stesso identico significato:
Era così che aveva deciso di vivere la sua vita: andare e venire a suo piacimento.
Le persone che subivano i suoi colpi di testa, anche se irritate dalla sua personalità imprevedibile, alla fine lo perdonavano.
In modo sovrannaturale o no, sapeva come convincere tutti ad accettare le sue decisioni su ogni questione.
Una volta espresso il suo pensiero, riusciva in ogni caso a far agire la gente secondo il suo volere.
La prosa sicuramente non aiuta, perché è piatta e banale: “Le persone che subivano i suoi colpi di testa, anche se irritate dalla sua personalità imprevedibile, alla fine lo perdonavano”…quali persone? Di chi stiamo parlando? Che è successo? Olivie, sarebbe più divertente se ci facessi qualche esempio.
Detto questo, di fatto ci viene ripetuto per quattro volte che il personaggio in questione è volubile, egoista e carismatico. Bene. Non solo viene detto così, esplicitamente, nel modo più scialbo possibile, ma viene anche ribadito quattro volte. Al lettore non piace essere trattato da stupido, grazie: ci piace scavare per trovare le informazioni, vogliamo il divertimento di gustare le parole e capire le cose per conto nostro.
“La descrizione inizia nella mente dello scrittore e deve finire in quella del lettore”, diceva il buon Stephen King. Io credo che questo sia vero per ogni aspetto del romanzo. Non vogliamo assorbire passivamente una lista di informazioni, vogliamo partecipare, collaborare con il libro per trarne il significato.
Lasciateci giocare.
Foto di Elena Bertocci
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