Tre aggettivi: agghiacciante, violento, appassionante
La trama in breve: Kate e Dan si trasferiscono in una piccola comunità ipertecnologica, nascosta nei boschi dello stato di Washington. Il posto sembra essere idilliaco, fino a che un giorno non rimangono isolati dal mondo. Senza possibilità di andarsene, senza modo di comunicare: da soli, con quello che si aggira nella foresta…
La recensione: Erano tantissimi anni che non mi capitava di dover leggere un libro solo di giorno, per la paura che mi metteva. Sono abituata all’horror: se il romanzo è bello posso sentirmi un po’ inquieta, ma non così profondamente spaventata. Lo dico come lode: questo libro è fantastico. È raccontato come se fosse una cronaca di fatti veramente accaduti correlata di interviste ad esperti e familiari, cosa che contribuisce a creare un senso di vicinanza con il lettore, come se gli eventi sulle pagine fossero davvero reali.
C’è poi un’attenzione eccezionale al funzionamento della mente sotto stress: i personaggi, in particolare la protagonista Kate, seguono uno sviluppo molto complesso e perfettamente credibile che li fa sembrare veri.
Ma perché fa così paura questo libro? Solo perché è realistico? Personalmente, credo che risvegli degli istinti antichi che ci portiamo dietro tutti, ma che non sperimentiamo in genere nella vita moderna: la sensazione della caccia, di essere una preda in trappola con pochi elementi per difendersi.
Io lo consiglio specialmente ai fan dell’horror che hanno voglia di qualcosa di intenso.
La prosa è geniale e versatile, perché cambia a seconda del narratore. La maggior parte del tempo, quando seguiamo il racconto di Kate, è diretta, chiara e coinvolgente.
Da evitare se: Se non avete voglia di essere spaventati.
Foto di Elena Bertocci
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